
18 Mag “Guardare e ascoltare: in questo sta la forza dell’uomo”
I versi di Saba accompagnano gli studenti di terza media nella visita di Trieste e Trento: un appuntamento atteso dagli studenti giunti all’ultimo anno di Kolbe. Miriam, di terza B, ci racconta la sua esperienza in modo personale e profondo.
La gita a Trento e Trieste è forse ciò per cui, insieme al musical, i secondini guardano con desiderio alla terza. Non si può dar loro torto, è davvero una grande occasione per vivere la forza del “guardare e ascoltare” che permette di custodire e amare.
Al Muse, al di là delle spiegazioni della mostra, ciò che ha colpito è stato il titolo: “Oltre il limite”. La scoperta del limite è positiva, dà un punto di partenza per la conoscenza, ne ha fatto esperienza Newton con la caduta della mela in testa. Perché non applicare questo metodo sempre: sarebbe bello vedere ogni proprio limite come possibilità nuova!
Col coro della SAT è avvenuto un dialogo tra il loro canto e lo stupore di chi ascoltava, ad ogni forte, un’ondata di suono s’infrangeva tra le sedie, ma ad ogni piano, l’orecchio si protendeva a cogliere ogni frammento di voce perché grande è l’attrazione all’armonia e al bello.
La pioggia non ha tolto nulla alla visita di Trieste, i riflessi delle pozzanghere davano un senso di profondità, di un’altra dimensione propria della città, ovunque lo sguardo si posasse, acqua.
La pioggia non ha sminuito nemmeno la visita al castello di Miramare, che nella sua eleganza si abbinava perfettamente ad un ambiente “liquido”. Ciò che colpiva più della sontuosità del luogo era la personalità di forse uno degli ultimi grandi uomini romantici, Massimiliano I del Messico, colui che ne ha voluta la costruzione. Il palazzo è formato su due piani, uno di Massimiliano come imperatore, l’altro di Massimiliano nelle vesti dell’arciduca. Si può infatti dire che nel primo la casa era usata come “travestimento” nel secondo, unico piano da lui abitato a cui egli dedica le proprie passioni , come “espressione di sé”.
Ancora non delude la pioggia perché nella risiera di san Sabba ha contribuito nel formare un’atmosfera di triste e consapevole ammirazione. Sui muri delle celle sono state trovate incisioni fatte dai prigionieri per ricordarsi il proprio nome e nella speranza che qualcuno in futuro lo trovi. Colpisce come oggetti piccoli e insignificanti, come una stellina di panno rosso, che sono state scoperte incastonate nella roccia, in quel contesto possano avere un’inestimabile valore. Di grande suggestione è anche la lettera che uno studente di architettura scrisse alla madre e alla fidanzata prima di essere fucilato, divenuta anch’essa simbolo della risiera. “Se quanto temo dovrà accadere sarò una delle centinaia di migliaia di vittime che con sommaria giustizia e in un campo e nell’altro sono state annientate. Per voi sarà cosa tremenda, per la massa sarà il nulla, un’unità in più ad una cifra seguita da molti zeri. Ormai l’umanità s’è abituata a vivere nel sangue.”
Nella Grotta Gigante sarà sempre una sorta di pioggia ad avere un ruolo fondamentale: il gocciolamento degli strati di roccia ha formato stalattiti e stalagmiti. Ogni goccia, nel corso di millenni, ha contribuito alla formazione della grotta gigante, quella goccia è stata fondamentale ed è grazie ad essa che ora si possono ammirare i grattacieli nella città rocciosa della grotta gigante.
Una grande conclusione del percorso si ha con la visita di Redipuglia. Imponente, massiccio, solenne, maestoso, vuole celebrare la gloria dei caduti, su volere di Mussolini, ma un’amara differenza lo divide dal cimitero degli invitti, costruito precedentemente sul colle sant’Elio. Nel cimitero su ogni croce vi era qualcosa di significativo per il caduto, mentre nella costruzione fascista l’importanza del singolo viene persa nel ripetersi quasi ossessivo del “presente”. La parola era parte fondamentale nel rito funebre dell’appello dei caduti nel quale tutti i compagni rispondevano “presente” alla chiamata di un morto. Davanti alla morte si vuole affermare la vita, ma è valsa la pena che diecimila uomini morissero per questo “presente”? Per cosa vale la pena dire “presente”?
Miriam, terza B