Un sabato culturale all’insegna della poesia

Un sabato culturale all’insegna della poesia

Uberto Motta, docente di letteratura italiana presso l’università di Friburgo, e Massimo Gezzi, poeta contemporaneo e finalista del premio Tirinnanzi, ci hanno mostrato quel bisogno di parole che è all’origine di una delle arti più antiche del mondo: la poesia.

Sabato 6 ottobre abbiamo incontrato l’esperienza della poesia.

In “Commiato” di Ungaretti il professor Motta sottolinea come poesia sia “il mondo l’umanità la propria vita”. Tutto ciò che ci circonda rimanda ad una parola, alla richiesta della persona di trovare le parole per esprimere il significato celato nel vissuto.

Da dove nasce la poesia? Nasce dal silenzio, da quel vuoto pieno che ridesta una mancanza sopita.

La poesia fa fiorire il mondo, gratuitamente, manifesta l’inesplicabile, presente nel profondo dello scrittore.

Alla sua origine, scrive T.S. Eliot, vi sono anni di sensazioni, impressioni, sentimenti che sfociano in un istante dalla folgorante intensità. Un momento, una ferita, una riluttanza di fronte alla messa in opera. Si entra in contatto con la poesia solamente dall’impotenza di dire, di conferire ai fantasmi che ci abitano un corpo. Dall’assenza di parole sgorga il desiderio poetico.

Uberto Motta continua dicendo che incontrare una poesia è come incontrare una persona, poiché essa è viva e per questo ci appassiona, soffriamo un poco navigando dentro noi stessi.

In “Un ritorno” di Vittorio Sereni, ritorna ancora una volta il nesso tra interiorità e inadeguatezza. Le vele sul lago formano un bianco poema, un libro non scritto, accompagnato da un sonoro “ma”. Proprio con quella diretta interruzione ci viene posto davanti il senso inadeguato e il lago diventa una “lacuna del cuore”.

Il professor Motta ha concluso con un invito, un consiglio per vivere la poesia: il problema non è capire ma accettare di non capire. Questo non capire è quell’inesplicabile di cui parla Eliot, il medesimo abisso provato sia da Ungaretti sia da Sereni.

Massimo Gezzi riprende il discorso ponendo in risalto le parole, principale caratteristica esclusiva dell’uomo. La poesia appare più lontana rispetto, per esempio, alle canzoni. Ognuno ascolta abitualmente musica però, fa presente il prof Gezzi, vi è la musica delle canzoni, con note e suoni, e la musica della poesia, musicalità intrinseca originata dalla disposizione delle parole. La poesia riesce ad essere musica senza una base strumentale poiché tiene dentro di sé la musica, una musica formata da assonanze, rime nascoste interne a un verso e molte altre figure retoriche.

Alla lezione è seguito un momento in cui gli studenti, suddivisi per classi, hanno vissuto le poesie per loro più significative. Le domande rivolte ai due docenti hanno concluso la mattinata.

Come l’immagine di Enea che porta sulle proprie spalle il padre Anchise, logo dei sabati culturali del nostro Liceo, ci ricorda una tradizione che abbiamo ricevuto e la sua necessità di essere tramandata così i due maestri hanno stretto la poesia, ne hanno ricercato l’essenza e comunicato l’importanza di non dimenticare, facendo sì che viva ancora.

Pietro