23 Nov Uno sguardo pieno di certezza
L’incontro con Nijolė Sadūnaitė, la donna lituana testimone dei totalitarismi del ‘900, condannata nel 1974 al Lager in Siberia perché cristiana.
Una studentessa racconta l’incontro
Mercoledì 16 novembre si è tenuto, presso il liceo Talisio Tirinnanzi, un incontro con Nijole Sadunaite, un’anziana signora lituana nota per essere testimone di quanto vissuto nei Gulag sovietici, e, in generale, di una quotidianità densa di sofferenze e orrore che lo stesso regime totalitario sovietico imponeva.
Un applauso ha accompagnato l’entrata di Nijole, la cui principale e più visibile caratteristica era un umile e vivido sorriso su un volto che porta i segni dei suoi settantotto anni e di un’esperienza in grado di provocare forti sensazioni a chiunque la ascolti. Il discorso, che Njiole ha iniziato con un grandissimo “grazie!”, si è sviluppato come un vero e proprio dialogo: non ha descritto nel dettaglio ciò che le è stato fatto e come viveva (ha specificato, infatti, solo una delle molteplici torture che le si erano riservate, ovvero la prolungata esposizione a potenti radiazioni che le fecero perdere 20 kg e tutti i capelli in due settimane…), ma tra domande degli studenti e dei professori, ha descritto quello che è stato il percorso che, attraverso grandi avversità e innumerevoli sofferenze, l’ha avvicinata alla fine ancora di più a Dio, il che è stato, per lei, il dono più grande.
Molte delle domande che gli alunni hanno posto vertevano, infatti, sulla sua così certa e ferma fede in Cristo, viva e presente anche durante gli anni passati nel terrore, quando noi tutti, nel nostro quotidiano, tendiamo a sentirci persi di fronte alla minima complicazione. Nijole è stata condannata nel 1974, a 36 anni, a tre anni di Lager duro, e tre anni di isolamento in Siberia, in seguito alla scoperta da parte del KGB – la polizia segreta sovietica – di giornali a tema cristiano da lei stessa pubblicati. È in questi anni che Nijole ha detto di aver vissuto “il periodo più bello della sua vita”: contrariamente a come si potrebbe pensare, Dio non l’aveva abbandonata, Dio le era vicino e “non è mai stato sentito tanto carnale”, in un periodo che mirava all’eliminazione di ogni forma di fede, così che, come ha detto Njiole, “l’uomo era diventato uno schiavo: cibo, acqua e stava bene così”.
Lei sentiva Dio fermamente accanto anche mentre udiva le urla dei suoi compagni di carcere, nel momento in cui venivano uccisi e torturati in specifiche stanze dotate di pavimenti inclinati per favorire il fluire del sangue.
La dimostrazione concreta della fedeltà del Signore nei suoi confronti era che riusciva ad amare anche coloro che erano intenzionati a ucciderla, coloro che non avevano amore in cuore, considerandoli fratelli e amici: “Dio ama ogni singolo uomo, anche uomini come Hitler e Stalin, dunque chi sono io, per non amare? Ho avuto pietà: un uomo così arrabbiato è lontano da Dio, il suo spirito è malato e bisogna capirlo. Amando gli altri, si ama Dio, perché si segue il suo esempio”.
Dotata di un’umiltà e di un’umanità senza precedenti, Nijole ha espresso un amore immenso per i propri genitori, ai quali dà il merito, pertanto, per il fatto di essere la persona che è oggi. Il modo umile e generoso di vivere dei suoi genitori le è entrato nel sangue.
“Erano persone che condividevano sempre l’ultimo pezzo di pane con il vicino più povero, ‘Ma per la fede questo e altro!’, diceva il mio papà. Penso che se tutti i bambini avessero dei genitori come i miei, tutti sarebbero felici”.
La sola vibratile e tormentata sensibilità, la grande semplicità e l’umiltà del porre la propria vita completamente e costantemente nelle mani di un altro, fanno di Nijole una persona in grado di dirsi realmente felice. Nijole, con la sua storia, ha aperto il cuore di tutti noi giovani ragazzi, che possiamo essere considerati libri su cui ancora scrivere una storia, offrendoci una testimonianza del fatto che Dio risponde sempre, forse non immediatamente, per mettere alla prova la nostra pazienza, ma alla fine ci viene ridato il doppio.
Alessia
La riflessione di uno studente
Questo incontro con Nijole ha lasciato una traccia indelebile nell’anima di ognuno di noi, scrivendo una pagina all’interno del “libro” della nostra vita in grado di cambiarla per sempre, fornendo una certezza e una consapevolezza che non è possibile trovare in alcun manuale di storia esistente, ma solo nell’ascoltare le parole e l’esperienza di chi, come Nijole, ha vissuto con intensità e amore ogni giornata della sua vita.
“Amore e felicità”, due parole che nella loro semplicità riassumono tutto ciò che l’uomo più di tutto desidera, e che durante l’incontro con Nijole sono state le due colonne portanti del suo racconto, ma anche di tutta la sua vita. È incredibile come si possa concepire una vita intera dedicata a questi due concetti semplici e complicati allo stesso tempo, ma dalla bellezza dei suoi discorsi e sopratutto dei suoi occhi, ho potuto capire quale razza di infinito amore deve avere nel cuore questa donna per guardare qualsiasi cosa in questo modo.
Una bellezza che per lei ha non solo avuto un nome, ma un volto: quello di Cristo. Tutto ciò che ha sempre conseguito nella sua vita è l’amore di Dio, a un livello così alto da avere compassione per i suoi carcerieri, non per una sorta di sentimentalismo estremo, ma per la tristezza che traspariva dai loro occhi per non avere conosciuto l’Amore che questa donna ha incontrato.
“Tutto lo devo ai miei genitori. – diceva – Se tutti avessero avuto i miei genitori, ora il mondo sarebbe felice”; infatti lei afferma con tutte le sue forze che tutto ciò che ha fatto, tutti i suoi princîpi derivano dall’educazione cristiana impartitale dai genitori, grazie alla quale ha cominciato a opporsi al regime comunista all’età di soli sedici anni. Ma ciò che impressiona e allo stesso tempo sconvolge di questa persona straordinaria è la pace con la quale racconta dei tremendi fatti che le sono accaduti in vita attribuendo tutta la sua forza, tutto ciò che la ha aiutata in questi anni all’amore di Cristo.
Non so, quindi, se i suoi carcerieri oppure i suoi inquisitori siano cambiati nell’incontro con Nijole, tuttavia sono certo che la mia vita e il modo di concepire la bellezza siano cambiati solamente guardandola negli occhi, gli occhi di una “santa”.
Francesco
Ecco infine come Njiole stessa, venuta in Italia per presentare il libro e il video sul racconto della sua esperienza, ‘Il cielo nel lager’, ha parlato dell’incontro con gli studenti del nostro liceo durante la presentazione, che si è tenuta la sera stessa al Centro culturale di Milano.
In quell’occasione, interrogata sul futuro dei giovani ha detto di essere molto colpita di aver visto “studenti così pieni di curiosità e di stupore davanti alla mia storia”. Ed infine ha aggiunto “credo che l’Italia abbia un futuro perché i giovani sono il futuro. E tutta l’Europa potrebbe guardare ai giovani italiani”.
Sono parole molto lusinghiere, anche perché pronunciate da una testimone di eccezione, che sentiamo amica e compagna nel cammino della crescita che abbiamo insieme incominciato.
Ecco il momento del video dell’incontro a Milano (a 01h.01m.30s):