Ardere come Fiammiferi

I ragazzi di V liceo alla scoperta di Montale con il prof. Uberto Motta

Ardere come Fiammiferi

Un uomo che intitola la sua raccolta poetica Le occasioni ha qualcosa da dirci, soprattutto quando l’occasione è l’indice di un coraggio, di una volontà di sollevarsi da un male costante, piatto, orizzontale e totale, guardando verso l’alto.

Questo uomo si chiama Eugenio Montale, autore della letteratura italiana Novecentesca molto vicino a noi, scoperto e approfondito dai ragazzi di V del liceo scientifico Tirinnanzi, grazie all’incontro con il professor Uberto Motta, docente di Letteratura italiana presso l’Università di Friburgo in Svizzera, Martedì 25 Maggio 2021.

I ragazzi hanno avuto l’occasione di indagare un Montale inedito, diverso da quello della celebre raccolta poetica “Ossi di seppia”, non più piegato da un malessere disarmante e costante, ma consapevole di essere affiancato da una presenza: una donna, un fantasma salvifico appartenente sì alla sua dimensione storica e contingente e, soprattutto, capace di scuotere la sua coscienza. Montale, con il termine occasioni, si riferisce a quegli istanti dell’esistenza, quando in un baleno è possibile afferrare un senso, un rapporto imprevisto ed imprevedibile: l’opera quindi contiene una nuova intuizione: la rottura dell’ordine negativo può diventare solo un’apertura comunicativa con un interlocutore privilegiato: proprio questo fantasma.

Grazie a questa figura, anche nella bufera più sconcertante, l’io riesce come a scorgere una luce: non “una luce infondo al tunnel”ma “nel tunnel”. Egli è infatti un uomo capace di riconoscere un suo limite, una tristezza vera, senza però precludersi una possibilità di libertà, speranza e dignità. Come suggerito dal professor Motta, dobbiamo essere consapevoli che è possibile resistere al male, che converte il bene in una capacità distruttiva e micidiale e, per farlo, dobbiamo avere degli “occhi di acciaio”,proprio come il fantasma salvifico montaliano: dobbiamo essere capaci di giudicare e rivoltarci a ciò che non ci corrisponde.

Perché tale resistenza è così importante? La risposta è semplice: chi non si ribella al male ne diventa corresponsabile, complice, oltre che vittima. Proprio per questo motivo il rapporto con il fantasma salvifico è necessario e deve essere sempre vivo, nonostante la sua misteriosità e inconsistenza fisica e terrena. La resistenza umana dura nell’esperienza del dolore, del sacrificio, accompagnata però da una presenza costante ed illuminante.

Noi uomini siamo come fiammiferi, compiamo il nostro destino quando accettiamo di bruciare ardentemente nel rapporto con qualcuno. Noi duriamo un secondo, ma bruciando, soffrendo con qualcuno accanto a noi ci rendiamo grandi, energici, vivi e attaccati all’esistenza, fino all’ultimo. Questo è il segno che la donna lascia, consentendo al poeta di sentirla vicino a sè, come una guida e una possibilità di luce folgorante nel buio più cupo.

Montale ci insegna questo, in modo speciale: attraverso la poesia che, come afferma il professor Motta è “distillazione del vissuto per giungere ad una verità universale”. Il poeta è un uomo che riconosce di essere “uomo finito”, che sa di avere un bisogno e lo ammette, lo condivide, cercando un tu con cui starvi davanti.  Noi possiamo resistere al male solo in un’educazione a riconoscere un bene, nel rapporto con qualcuno contro cui possiamo sfregarci, proprio come i fiammiferi.

La letteratura si studia così, stando davanti a uomini come noi che, tuttavia, ci regalano la loro esperienza in una forma di bellezza. Uno studio così, un confronto come tale è un lavoro da persone grandi, da “uomini adulti”, per utilizzare un’espressione del professor. Motta. I ragazzi di quinta stanno per affrontare un esame di maturità che li provoca a diventare adulti e, in questo incontro, sono stati guardati come tali, valorizzati, stimati.

E questo è stupendo.