
10 Nov I RITORNI
Articolo dedicato da un’insegnante agli ex alunni della scuola Kolbe che tornano a trovarci, e non solo.
C’è un flusso di ragazzi che passa dalla nostra scuola, che potrebbe non essere registrato ma che rimane costante nel tempo.
Bussano alle porte delle aule durante le lezioni o si affacciano alla sala professori e, prima, in segreteria, o si attardano nei corridoi.
Possono essere trascorsi solo due o tre mesi dal loro esame di terza, o pochi anni o molti anni.
Vengono a ritrovare un punto fermo all’atto di prendere di nuovo il largo o a comunicare che – adesso – vanno bene a scuola (e qui, implacabile piomba su di loro la richiesta di uscire dal vago ed esplicitare i voti) o per maturata gratitudine verso questo luogo, vista la bella piega presa dalla loro vita.
Altre volte sono stati richiesti di venire: a raccontare della loro scuola superiore ai più giovani colleghi alle prese con il loro percorso d’orientamento o a tenere lezioni su argomenti di cui sono diventati esperti.
Ancora: tornano a vedere il nuovo musical, e a confrontarlo con il proprio, o s’imbucano nelle feste di fine anno o negli open day dei fratelli minori per poter salutare, poter ritrovare per un momento i preadolescenti che sono stati.
Insomma tornano, sempre graditi.
O tornano alla mente, guardandoci dalle foto di classe appese nel corridoio.
E noi li ascoltiamo, ascoltiamo tutti i casi, e ci si apre l’orizzonte sui destini possibili dei nostri ragazzi.
Degli alunni, come dei figli, non conosciamo il futuro, anche se noi amiamo scrivere copioni a lieto fine: abbiamo già visto, per usare un’immagine manzoniana, fiori falciati in bocciolo; così come abbiamo visto strade tortuose e, all’apparenza, interrotte poi riprendere corso; abbiamo già visto i figli dei nostri alunni e un numero significativo di vite, sia maschili che femminili, consacrate a Dio e che sono i frutti più evidenti a tutti.
Le medie durano solo tre velocissimi anni, che non di rado restano nella memoria dei ragazzi come i più spensierati della vita scolastica, ma la posta in gioco non per questo è meno alta.
Loro sono immersi nella lettura di Omero e Saba come nella scrittura di bigliettini, e lo studio degli invertebrati e delle prime leggi della fisica si alterna al gioco con le stampelle del compagno infortunato; cominciano a conversare in lingua, vogliono diventare architetti e campioni sportivi e intanto si dedicano instancabilmente alla compilazione del monumentale volume Scuse per un compito non fatto. Loro.
Noi dobbiamo fornirli di basi robustissime, che bastino a partire, necessariamente, e a tornare, se vogliono.
Un’insegnante