Oggi come 2000 anni fa, in Italia come in Uganda, cosa attendiamo?

Oggi come 2000 anni fa, in Italia come in Uganda, cosa attendiamo?

L’Avvento è il tempo dell’attesa che spiazza, il tempo in cui si è manifestato un bene così grande e allo stesso modo inatteso.

Oggi come duemila anni fa.

Quanto accaduto nella mattinata di martedì 26 novembre ne è stato testimonianza evidente.

Cosa aspettarsi da un invito in fondo un po’ vago: un preside italiano in una scuola africana, in Uganda. Cosa avrà da dirci?

È l’ospite stesso a ribaltare la prospettiva sin da subito: «Non vi farò vedere un video con i bambini malati e affamati. Vi farò vedere i volti di donne cambiate da un incontro».

Matteo Severgnini è giovane, racconta poco di sé perché ha gli occhi e il cuore pieno di tante altre cose, troppo belle per non condividerle subito. È direttore della Luigi Giussani High School di Kampala, una scuola nata oltre dieci anni fa dal desiderio di centinaia di donne ugandesi, sfuggite alla guerra ma non alle violenze, agli abusi, all’HIV, al male di vivere. Nessuno le voleva più, nessuno voleva accogliere i loro figli a scuola.

Sono state salvate da un’infermiera, Rose Busingye, che le ha guardate come mai era capitato loro prima: «Sei la prima che ci ha detto che siamo amate: vogliamo stare con te». Questo amore ricevuto è diventato per le donne di Rose un amore da donare, come quando nel 2004 hanno lavorato per tre mesi per i loro fratelli americani, colpiti dall’uragano Katrina. O come quando, appunto, hanno deciso di fondare una scuola per i loro figli.

Il racconto di Matteo è proseguito per oltre un’ora, con domande sia dalla sala, dove erano sedute le terze medie, che da remoto, con le altre classi collegate dalle aule. Qualcuno, a casa per colpa del Covid-19, ha seguito persino dalla propria cameretta.

Ed è stato un avvenimento, è stato un Avvento. Perché solo qualcosa di davvero grande può catturare l’animo, l’intelligenza, la curiosità, gli occhi di questi preadolescenti di cui spesso critichiamo l’irrequietudine. Martedì hanno trovato pace. «Devo farvi i complimenti – ha concluso Severgnini – perché raramente mi capita di vedere ragazzi così attenti. Ascoltare un altro è la cosa più difficile: voi oggi mi avete permesso di entrare, di portarvi quello che ho incontrato. Grazie».

Grazie a te, grazie alle donne di Rose, grazie a Chi viene così, sempre, oggi come duemila anni fa, attraverso il volto di un amico mai conosciuto prima.