
29 Mar (sor)PRESI dalla rete
Tutti gli alunni della Kolbe hanno recentemente avuto occasione di riflettere sull’uso di internet: le classi seconde e le terze incontrando il vicequestore di Legnano, dottor Francesco Anelli; le classi prime attraverso una lezione tenuta dalla professoressa Gloria Coscia Moglia, preside dell’Istituto S. Cuore, di Gallarate.
Entrambi i relatori hanno sorpreso i ragazzi, che hanno ammesso di non essere in precedenza al corrente di molte delle cose ascoltate.
Che internet fosse un argomento “da polizia” la stragrande dei ragazzi non se lo aspettava, né avrebbero mai immaginato i tipi di reati messi in atto attraverso mail e social, che il vicequestore Anelli ha raccontato loro nell’incontro di giovedì 16 marzo tenuto presso l’Aula Magna della scuola.
“Ci ha aperto gli occhi sulla realtà del telefonino”
“Ci ha fatto conoscere il mondo delle truffe e della menzogna: mondi impensabili!”
“Ha utilizzato esempi di fatti conosciuti direttamente, grazie a quali abbiamo compreso con più facilità l’argomento”.
Questi i pareri più frequentemente raccolti fra i ragazzi.
L’intervento educativo del vicequestore Anelli, infatti, ha pescato dalla vasta casistica al suo attivo per spiegare come si perda il controllo del materiale pubblicato o come si possa essere falsificati con Photoshop; che cos’è il phishing e il cryptolocker; come fanno i malintenzionati a rubare i dati altrui e come architettano estorsioni tramite Facebook e Skype.
E tuttavia è stato un intervento “leggero”, in alcuni punti ironico, e per questo è stato un approccio molto apprezzato: “Ci ha trattati da grandi, e nello stesso tempo da persona a persona”.
È risultato gradito ed efficace il fatto che non abbia puntato sullo spavento o sulla demonizzazione per far capire che utilizzando internet occorre stare alle regole, seppure non scritte, per non farsi o far male ad altri.
Di rilievo anche la differenza posta fra i reati da considerare banali, quelli che fanno perdere denaro, e quelli definiti “gravi e irrimediabili”, che colpiscono la persona; è stato, infatti, un richiamo importante a una corretta gerarchia di valori.
Ai ragazzi ha ribadito che il problema di fondo è “la vostra crescita, il vostro futuro, che interessa agli adulti, ma soprattutto deve interessare a voi“.
Ha chiesto di utilizzare solo profili “chiusi”, ai quali solo le persone già note nella realtà possano accedere. Ha richiamato a far attenzione se qualcuno nel gruppo non si sta divertendo per uno scherzo. Ha invitato i ragazzi a vigilare sui nonni che sono così esposti ai reati, anche a quelli informatici.
Insomma, tutti ci possiamo cadere, i primi a cascarci sono gli adulti, ma almeno rendiamo la vita un po’ più difficile a chi danneggia il prossimo senza averne alcuna compassione!
La professoressa Gloria Coscia Moglia ha incontrato gli alunni di prima il lunedì successivo. È ormai una tradizione per la nostra scuola che sia lei a problematizzare l’utilizzo di internet dei ragazzi attraverso immagini, video, app e programmi riguardanti il loro mondo.
Anche dalla sua lezione sono stati raccolti interessanti spunti di riflessione, come questi:
“Quando usiamo eccessivamente il telefono siamo in tanti luoghi, ma è come se non fossimo in nessuno.”
“Nei messaggi scrivi una cosa brutta, ma non hai il coraggio di dirgliela in faccia. Parlare di persona è diverso che scrivere messaggini.”
“Siamo responsabili di ciò che guardiamo anche verso i più piccoli che ci stanno vicino.”
“Ci sono ragazzi che usano il telefono fino alle due o alle tre di notte, e pensano che sia normale.”
“Mi ha stupito accorgermi che noi mettiamo continuamente in rete foto della nostra vita e non ci teniamo niente per noi.”
E così via: i commenti degli alunni mostrano la consapevolezza acquisita di ciò che si può perdere con un uso scriteriato dei mezzi informatici.
La prospettiva della professoressa vuole però essere costruttiva:
“Ci ha invitato a far vedere come usiamo gli strumenti tecnologici in modo diverso: per fare cose belle!”
Conoscere, sapere, saper usare, apprezzare, custodire.
In fondo i ragazzi, ancora una volta, sono stati stupiti dall’accorgersi di quanto valga ciascuno, di quanto valga la propria persona.